La costituente liberaldemocratica: obiettivo del Pri

Un progetto innovativo senza nostalgie tardo-capitalistiche

di Francesco Nucara

Il progetto liberaldemocratico, lanciato con la mozione congressuale del Congresso di Roma del 1° aprile 2007, riconfermato, affinato e elaborato con il Convegno di Milano dell’ottobre 2007, ha trovato ulteriore conferma nella mozione della maggioranza del recente Congresso di Roma (2011). Non vorremmo interpretare male, ma a noi sembra che anche la mozione di minoranza, pur nella sua sinteticità, adombrava la necessità di una Costituente liberaldemocratica.

Infatti, tra l’altro, la mozione di minoranza, così recitava: "Cosa che impone la ricerca, anche con una nuova legge elettorale, di un sistema politico multipolare, premessa fondamentale per la nascita di un’area liberaldemocratica riconoscibile e incisiva".

Una riforma della legge elettorale è stata presentata in Parlamento, su iniziativa dell’amico Del Pennino e controfirmata da senatori che, pur militando in formazioni politiche diverse, hanno comuni radici repubblicane.

Abbiamo già scritto diverse volte sul significato strategico di questo progetto, basato su contenuti condivisi prima ancora che su schieramenti, seguendo la storia repubblicana e affidandosi alla scuola di Ugo La Malfa, che sosteneva: "Il Partito Repubblicano, lo concepisco sempre in posizione di sinistra ma capace di correggere la scarsa modernità altrui, e una posizione che rispecchia vecchi e superati schemi".

Ci conforta questo assunto per definire la posizione che oggi tentiamo di costruire insieme a tutto il Partito. Il futuro dei repubblicani deve essere patrimonio di tutti. Abbiamo pazienza e perseveranza per aspettare e convincere quanti, oggi, con pregiudizio mal riposto, rifiutano, malgrado le comuni decisioni congressuali, di collaborare alla costruzione di un futuro distinto e non distante dal repubblicanesimo storico.

Distinto perché, per avere successo, questa nuova costruzione ha bisogno dell’apporto di altre culture politiche, intellettuali e, ci sia concesso, imprenditoriali. Tutte queste forze dovranno riconoscersi in un progetto comune che sia sintesi, aggregazione e non discriminazione delle varie culture che oggi si trascinano stancamente in discussioni teoriche che difficilmente troveranno sbocchi politici.

Noi vogliamo dare un senso e un obiettivo concreto a questo nuovo agglomerato politico. Non è facile, e ne siamo coscienti.

"Noi avevamo ragionato. La Perseveranza, anziché rispondere, sogghignò ingegnosamente; e disse che avevamo Piagnucolato. La Perseveranza non piange; la Perseveranza è spartana". (Cattaneo)

E noi, invece di piangerci addosso perseveriamo convinti che ci siano tutte le condizioni per un progetto repubblicano unitario.

Ci è d’aiuto persino Luigi Einaudi, che nelle sue "prediche inutili" sosteneva che liberali e socialisti possono convivere insieme perché non si possono lasciare gli uomini ad agire secondo i loro interessi, al di fuori dell’intervento dello Stato, in alcune faccende economiche e sociali. Le idee da sole non sono sufficienti a definire le azioni. Siamo partiti da qui: definire le nostre azioni attraverso le tesi congressuali con idee e ideali, come sempre, e senza ideologia alcuna, come sempre. Le ideologie, come sempre avviene, sono foriere di pregiudizi.

Un laico non può avere pregiudizi; se li ha, non è un laico e oserei dire nemmeno un repubblicano.

Tra i semi dell’altra Italia, come viene ricordato da chi scrive nella prefazione del volume "Mazzini e Cattaneo. Idee per gli Italiani del Duemila", ci sono giustizia e libertà, i fratelli Rosselli e parte del Partito d’Azione. Viene citato Carlo Rosselli che scrive: "Agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale tra la lotta dei nostri antenati per la libertà e quella di oggi". Non ci sono più eserciti austriaci né eserciti francesi o papalini da combattere.

La chiamata alle armi ha bisogno di idee innovatrici che, pur nel solco della tradizione repubblicana, affrontino gli eventi della globalizzazione modernizzando il pensiero con l’occhio rivolto agli equilibri economici, evitando di spaccare la società in pulviscoli in cui i diseredati e i meno abbienti diventano gli "sfigati" del vice-ministro Michel Martone.

Di esempi che hanno fatto di una battaglia liberaldemocratica ragione delle loro battaglie nel PRI e nelle aule parlamentari ne abbiamo tantissimi: da Giulio Andrea Belloni, a Vincenzo Mazzei (memorabili le sue battaglie all’Assemblea Costituente) e allo stesso Giovanni Conti che, pur nel suo "conservatorismo" repubblicano, si batteva a favore del Mezzogiorno e della Riforma Agraria.

Non desideriamo affatto una liberaldemocrazia tardo-capitalistica, ci battiamo per una liberaldemocrazia moderna e originale, contraddistinta da tratti programmatici significativi, bandendo parole vuote e parole d’ordine. Tratti riformisti e liberaldemocratici, che escludano per definizione ipocrisia o malafede. Giovanni Bovio sosteneva "Definirsi o sparire". Non intendiamo sparire e intendiamo definirci. L’ingresso in questa nuova casa è libero, cari amici repubblicani.